Comunicato stampa Cavalli-Sforza
Genova, 28 ottobre 2012. È uno dei più importanti genetisti viventi e dice che a volte, nel lavoro di scienziato, ci vuole fortuna. Che se sbagli nel primo approccio con le persone, poi non cè più niente da fare. Che gli scienziati sono persone che è bello avere amiche. Luca Cavalli-Sforza si racconta, insieme al figlio Francesco, nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, in una edizione del Festival della Scienza che celebra i suoi novantanni anche con la mostra I viaggi di Luca Cavalli-Sforza. Ma non cè diario che possa descrivere cosa spinge un uomo a mettersi alla guida di un fuoristrada per raggiungere quei popoli in Africa che vivevano come i nostri antenati. Spinto solo dalla sete di conoscere, da un profondo interesse per luomo. Perché dice la scienza è fatta per essere condivisa. È un dialogo tra padre e figlio, lincontro al Ducale. Un excursus sul lavoro di una vita, accanto a Premi Nobel, tra avventure e pubblicazioni sulle principali riviste scientifiche internazionali. Mio padre ha lavorato sulla sessualità dei batteri nei tempi in cui nessuno credeva che i batteri avessero un sesso racconta Francesco - lidea era che si riproducessero solo dividendosi in due. E invece nei primi anni Cinquanta mio padre dimostrò che cè uno scambio genetico. La scienza, racconta il grande genetista, è un lavoro di squadra. E racconta quella che un mio professore chiamò la parabola del centurione: cè una festa in una villa romana e un presidio di soldati che si occupano della sicurezza. La padrona di casa perde un anello, e cento centurioni lo cercano in giardino. Il commento del professore fu: solo un centurione ha trovato lanello, ma lha trovato perché lhanno cercato in cento. Ecco, la scienza è così. Lo scopo della scienza non è tenere segreti per sé, ma condividere, mettere a disposizione le scoperte per la comunità. Dallo studio dei batteri, si passa allinteresse verso luomo: Ero spinto dalla curiosità di capire meglio i miei colleghi uomini, dalla curiosità per la psicologia spiega Luca Cavalli-Sforza - nessuno credeva che fosse possibile fare una genetica delle popolazioni umane, allepoca: sono partito dalla deriva genetica, cioè la fluttuazione delle frequenze geniche da una generazione alla successiva. Una grande scoperta del genetista fu che un fattore che conta moltissimo nellevoluzione è la semplice casualità. La maggior parte dei caratteri non è soggetto alla selezione naturale, come per esempio il colore degli occhi: si è dunque visto che questi caratteri fluttuano attraverso le generazioni sotto la spinta del caso. E poi, ci sono i viaggi. Perché nel pieno della carriera scientifica, Luca Cavalli-Sforza si rende conto che se davvero voleva descrivere la storia dellumanità doveva mettersi in marcia, e partire alla ricerca di popoli che vivevano ancora come i nostri antenati. Mi interessava la genetica della statura dei pigmei racconta - sono piccoli, figli di gente molto piccola. Sono persone molto gentili, ma se si accorgono che vuoi sfruttarli spariscono. Mi chiamavano Zambolé, uomo che cammina sempre. Quando i pigmei capiscono che non sei ostile, che non li vuoi sfruttare, allora ce uno scambio. È stata unesperienza bellissima.
Documenti