Festival della Scienza

Contenuti del sito

Contenuto della pagina - Torna su


Comunicato stampa Piano

Genova, 27 ottobre 2012. Cinquantacinquemila cellule fotovoltaiche. Cemento, acciaio, persino bluejeans riciclati. Venti milioni di specie naturali. E un tetto enorme, fatto di colline erbose. È un “edificio che respira”, la California Academy of Sciences di San Francisco, spiega Renzo Piano, per la prima volta al Festival della Scienza davanti a una Sala del Maggior Consiglio piena che non si perde una parola. Perché “l’architettura è un’arte ai confini dell’arte, risponde ai bisogni ma anche ai desideri, ai sogni”. Ed è anche un modo per svolgere una missione nella società. Come la scienza: “Che – parola di Piano – è ostinazione, ricerca, adesione al mondo”. Tutto comincia (e finisce, metaforicamente parlando) con un terremoto. Il primo, vero, è del 1989, a San Francisco. Il secondo è il progetto di Renzo Piano: che ricostruisce un simbolo come l’Academy of Sciences “usando una regola aurea – racconta Piano – ovvero, che non si butta via niente”. E infatti, “tutta la parte demolita è stata recuperata al cento per cento: il cemento, l’acciaio, sono stati riciclati. Il risultato è un edificio che è una sorta di exhibit. E la parte più immaginifica è il tetto: abbiamo piantato in ciascuno dei cinquantamila vassoi di materiale biodegradabile una trentina di piccole piante, graminacee. Queste richiamano uccelli, animali, farfalle: una festa, perché questo è il Museo della Scienza. E poi, qui non c’è aria condizionata, e fare un edificio così grande negli Stati Uniti senza aria condizionata sembrava una bestemmia: ma lo abbiamo fatto perché il tetto è molto isolante, si sfruttano tutte le brezze notturne e diurne. Abbiamo applicato questi principi scientifici all’edificio”. Sembra fantascienza, e invece in sala scorrono le immagini di questo piccolo microcosmo verde, una via di mezzo tra colline boschive e una astronave: “Tutto in questo edificio è stato riciclato – ripete Piano - anche i bluejeans, e abbiamo litigato per anni perché io continuo a dire che li abbiamo inventati a Genova! È incredibile quello che si riesce a fare recuperando. L’architettura è l’arte di raccontare delle storie: questo edificio respira, dà l’idea di fragilità, esprime se stesso. L’interno è come un mondo, contiene 20 milioni di specie, ovvero il 5 per cento di quelle esistenti sulla terra. Certe strutture somigliano a quelle della natura, perché l’obiettivo è cercare l’essenziale. Il giorno dell’apertura dell’edificio abbiamo liberato cinquantamila farfalle. Ma c’è un episodio che mi ha colpito molto – riflette Piano – il pronipote dell’indiano che possedeva il terreno è venuto da noi e ha detto: vi faccio dono di questo terreno perché ne avete fatto buon uso. È stato forse il discorso più toccante che io abbia mai sentito”. “Ogni giorni dico grazie Renzo, perché ho il privilegio di stare in questo edificio”, interviene Gregory Farrington, che dirige il California Academy of Sciences – è un grosso problema avere un edificio progettato da Renzo Piano: l’edificio è bellissimo, e questo significa che ogni cosa che succede all’interno deve essere altrettanto brillante ed eccellente. Una domanda interessante è: quanto spesso andreste a vedere un edificio se fosse vuoto, se non ci poteste entrare? Ecco: noi costruiamo gli edifici per arrivare a qualche obiettivo. Renzo ci ha regalato una nuova fase: un nuovo palcoscenico, e noi abbiamo il dovere di rappresentare una nuova commedia. E questo è successo nel momento giusto nella storia: sessant’anni fa, con la scoperta della struttura del Dna, la vita è passata dalla fase del miracolo a quello della scienza. Oggi invece stiamo passando dalla fase della scienza a quella dell’ingegneria, possiamo intervenire sulla vita, renderla ingegneristica. Certo, questo processo può portare a sfide etiche. La seconda grossa sfida ha a che vedere con la sostenibilità: se guardiamo la terra dalla luna non vediamo dei confini, ma una meravigliosa navicella spaziale nell’universo. Ecco perché gli edifici verdi sono importanti: perché sulla terra dobbiamo starci bene. Perché, dunque, costruire un edificio verde? Perché è un modo per esprimere una missione per la società: questo è un museo naturale del futuro”.
 

Documenti